“Lavoro il minimo necessario per non perdere il posto”, questo è il Quiet Quitting, un fenomeno che colpisce molti lavoratori, nelle più disparate posizioni organizzative e professioni, e che non può essere affrontato con la leva economica che produce effetti solo nel breve termine. Le cosiddette dimissioni silenziose, infatti, non sono necessariamente dovute ad una inadeguatezza del compenso rispetto alle aspettative, le cause possono essere ricercate in molteplici aspetti, partendo proprio dalla famosa Piramide dei bisogni di Maslow (bisogni fisiologici, di sicurezza, sociali, di stima e di autorealizzazione). Attenzione: il quiet quitter inizialmente non si assenta, non ostacola i processi, non bullizza i colleghi, non cerca di fare danni all’azienda. Ciò che è precipitato è il livello di engagement, di sentirsi coinvolti nel lavoro, di sentirsi parte di un progetto e di un team, verso obiettivi condivisi. Secondo la piramide del Quiet Quitting (di Jason Kaplan), il dipendente percepisce una carenza di:

  • FIDUCIA
  • COERENZA
  • VALORIZZAZIONE
  • APPARTENENZA
  • COMUNICAZIONE.

Dopo lo shock della pandemia, i nostri giovani mettono il benessere psicologico e la soddisfazione professionale fra le priorità e cercano realtà professionali che sappiano rispettare queste due dimensioni. Coloro che non si sono dimessi durante il Great Quitting, un’ondata di dimissioni post pandemia, hanno ricorso al Quiet Quitting, una risposta ai luoghi di lavoro che non si sono ancora saputi evolvere. I quiet quitters, infatti, non sono stressati, evitano lo stress, ricercano la felicità al di fuori del lavoro e l’azienda si ritrova con degli ‘operatori’ che lavorano senza passione, senza sentimento, riducendo drasticamente le possibilità di crescere, di progredire, di evolvere dell’azienda stessa che senza il contributo dei propri collaboratori non può innovare né aderire completamente ad una realtà in continuo cambiamento

In questo quadro, la capacità di ciascun manager di costruire una relazione costruttiva con il proprio staff diventa cruciale per attirare, trattenere e soprattutto non far sopire i talenti. Su cosa deve puntare dunque un buon leader? Innanzi tutto, sullo sviluppare quelle soft skills necessarie per costruire autentiche relazioni di collaborazione con i membri del proprio team. Ed è qui che si innesca un altro fenomeno del mondo HR: lo Skill First Approach, ossia le competenze trasversali (comunicazione, negoziazione, empatia, ascolto attivo, etc.) diventano prioritarie nella selezione del personale, soprattutto dei team leader.

Ma quali sono i sintomi del Quiet Quitting? Ecco i primi sei (Joe Galvin, Chief Research Officer at Vistage Worldwide):

  1. Disimpegno e disinteresse cronico
  2. Fare il minimo indispensabile rispetto ad una performance standard 
  3. Isolarsi, allontanarsi dall’interazione con i colleghi
  4. Evitare conversazioni, attività o compiti che siano al di fuori dello stretto necessario lavorativo
  5. Presenziare alle riunioni senza partecipare, ossia senza dire la propria opinione, fornire idee, o senza compiere azioni propositive
  6. I colleghi riscontrano un aumento del carico di lavoro per poter coprire le carenze del collega.

Possiamo aggiungere:

  1. Disinteresse per il conseguimento dei risultati del team
  2. Indifferenza verso i valori e la cultura aziendale, verso nuovi progetti e nuove sfide professionali
  3. Resistenza al cambiamento e/o al miglioramento
  4. Un contributo minimo e non esaustivo nella circolazione delle informazioni di interesse del team
  5. Riluttanza ad iniziative aziendali quali eventi, cene, attività di team building
  6. Reticenza verso i percorsi di formazione per lo sviluppo di nuove competenze personali e professionali.

Da questi sintomi iniziali, poi si potrebbe sviluppare un aumento dell’assenteismo, una maggiore richiesta di smart working, per entrare sempre meno a contatto con l’azienda, i colleghi, i progetti, fino all’interruzione del rapporto di lavoro, con un dispendio di energie, di qualità e di efficienza, nonché di serenità aziendale, non indifferente nel mentre.

Un sintomo di per sé non è esaustivo per etichettare una situazione di Quiet Quitting, ma possiamo considerarli dei campanelli di allarme a cui i managers possono far riferimento per iniziare a riflettere, rivisitando il proprio stile manageriale e poi attingendo alle proprie risorse personali e professionali per cercare nuove soluzioni, in un’ottica di crescita e di miglioramento reciproco, evitando di stigmatizzare la persona e la situazione che potrebbero essere solo una conseguenza di una evoluzione aziendale necessaria ancora da costruire.

Cosa può fare un team leader per bonificare una tale situazione e lavorare nel tempo in maniera preventiva e proattiva

Se vuoi un servizio che formi ed accompagni i tuoi managers nello sviluppo di soft skills, oppure vuoi puntare su una selezione del personale orientata allo Skill First Approach, contatta m.ruffino@progress.it.

Michela Ruffino, HR Specialist & Career Counsellor, Gruppo Progress

 

28 Agosto 2024